L’iniziativa appoggiata da una sessantina di firmatari che vorrebbero così dare alla nostra società in crisi valori reali ed esempi da seguire
«La vera emergenza? Educazione e cultura»
Personaggi famosi e maestri autorevoli di vari settori lanciano un appello e aprono il dibattito

dalla pag. 12 del giornale "L'Arena" dell'8 gennaio 2006
 

«Se ci fosse una educazione del popolo tutti starebbero meglio». Si apre così "L’appello per l’educazione", che sta scuotendo il dibattito culturale nel nostro Paese, firmato da una sessantina di personalità della cultura, dell’economia e della società italiana, (da giornalisti come Magdi Allam, Maurizio Belpietro, Dino Boffo, Ferruccio De Bortoli, Giuliano Ferrara, Paolo Liguori, Mauro Mazza, Antonio Polito, Carlo Rossella, a banchieri come Bazoli, Guzzetti, Mazzotta, a docenti o rettori universitari come Botturi, Cesana, Chiosso, Israel, Ornaghi, Ribolzi, Roversi Monaco, Zamagni, a uomini di spettacolo come Pupi Avati, Franco Branciaroli, a protagonisti della società civile come Andrea Muccioli o Giorgio Vittadini, per citare solo i nomi più noti). Tutti accomunati dalla convinzione che la vera emergenza nazionale non sia la politica né l’economia, ma qualcosa che precede queste dimensioni del vivere civile, cioè l’educazione; infatti attraverso di essa «si costruisce la persona, e quindi la società», come dice il testo dell’appello. Fatti di cronaca recente confermano l’allarme: dalle violenze giovanili di gruppo al silenzioso disagio di tanti ragazzi, storditi dalla noia e dallo scetticismo di chi non crede che i propri desideri si possano realizzare, privi di speranze e quindi in balia delle mode e del potere. Gli estensori dell’appello considerano «l’educazione l’introduzione alla realtà e al suo significato», per cui si rende necessaria la presenza di maestri autorevoli, capaci di consegnare ai giovani i frutti migliori della nostra tradizione. È la strada prospettata da un grande educatore come don Luigi Giussani, recentemente scomparso, autore di un libro come Il rischio educativo, apprezzato anche da chi non condivide la sua fede cristiana.
Anche a Verona diverse personalità della cultura e dell’educazione si sono confrontate sulle tesi dell’appello, aprendo un dibattito che appare tanto interessante quanto urgente. Afferma per esempio Maurizio Cortese, presidente della sede veronese dell’Associazione Professionale di insegnanti Diesse (Didattica e innovazione scolastica), tra i promotori dell’appello: «finalmente si sta comprendendo che l’educazione riguarda tutti, che si tratta di un problema che tocca l’intera società: non è prima di tutto una questione di competenze o di ruoli, né una problema di schieramento politico; investe tutta la società e nello stesso tempo interpella la singola persona».

 

Anche Stefano Quaglia, dell’Ufficio Scolastico del Veneto e intellettuale ben noto della cultura veronese, dichiara di riconoscersi nei contenuti dell’appello, a cominciare dai toni "quasi da bar", che vengono utilizzati, e dalla sostanza "consapevole e matura". «Tutti coloro che hanno a cuore la stabilità della nostra comunità civile, che sembra disorientata nella narcosi dei consumi e rimbecillita nella girandola della distrazione, devono ritrovare la concretezza delle parole», prosegue Quaglia. Ma c’è una tentazione nel mondo odierno: quella di cedere al cinismo, magari «mascherato da sorrisi di cordialità o da simpatiche preterizioni di cortesia», poiché «nulla si fa più in nome di un ideale comune, di una ricaduta generale su tutta la società»; tuttavia la tentazione è vinta «nella convinzione che l’impegno per l’educazione è oggi più che mai necessario. Anzi è proprio in questo campo che si gioca la credibilità stessa di una cultura che vuol essere comunque per l’uomo». Sulla stessa linea Calogero Carità, dirigente scolastico del liceo delle scienze umane Montanari, per il quale «gli istituti che una volta agivano in perfetta sincronia, famiglia, scuola, Chiesa, oggi agiscono separatamente e parlano ai giovani lingue diverse e spesso contrapposte»; dal suo privilegiato punto di osservazione, Carità individua nella scuola una scarsa capacità di «incidere profondamente sulla formazione civile dei giovani dato che essa talvolta è chiamata impropriamente a fare da supplente alle carenze educative della famiglia».
L’appello è sottoscritto anche da Luciano Carazzolo dirigente scolastico del liceo Medi di Villafranca, il quale si sente interpellato prima come genitore che come preside.


              

 

 

«È una richiesta ad essere e a operare controcorrente, a partire da un comportamento che chiedo innanzitutto a me stesso; quindi sento giusto il richiamo dell’appello come concreto e ancorato alla ragione, al senso critico, al bisogno di senso, libero da ideologie e pregiudizi e capace di rischio, perché si tratta di fare i conti con la libertà dei giovani e di ogni persona con cui interagiamo», conclude Carazzolo. Convinta è anche l’adesione di Umberto Fasol, dirigente scolastico dell’istituto Alle Stimate, che sottolinea l’importanza di un percorso educativo che aiuti il ragazzo a «cercare il contatto con la realtà oggettiva, ad essere esigente nell’analisi e ad essere critico nei confronti di tutte le ipotesi interpretative che gli vengono proposte, per stimolare in lui la ricerca continua di una verità che ci precede e che è trasversale ad ogni tipo di indagine». Necessaria appare oggi la sfida al relativismo culturale, che induce a pensare che tutto sia uguale e, in fondo, privo di senso. Conclude Fasol: «Se non educhiamo i giovani a riconoscere ciò che è bene e ciò che è male, ciò che è vero e ciò che è falso, come potremo sperare che crescano felici?».
L’impressione è che questo dibattito sia appena agli inizi; la speranza che esso prosegua, anche nella nostra città, con interventi e proposte sempre più estese ed autorevoli.
Per il testo completo dell’appello si veda www.appelloeducazione.it.
(c. bort.)