CARCERE E SCUOLA. Alle Montanari incontro tra i ragazzi e coloro che hanno vissuto dietro le sbarre. E oggi mostra d’arte all’Arsenale

Gli alunni «interrogano» gli ex detenuti

«L’indulto? Per molti è stato il panico, sbattuti fuori senza programmi d’aiuto»

dal giornale "L'Arena" pag. 18 del 18/11/2006

 

Il mondo della scuola incontra quello del carcere. Per interrogarsi, comprendere e cercare, almeno con le nuove generazioni, di spaccare il binomio che spesso si crea tra galera ed emarginazione. Quello di ieri pomeriggio nell’aula magna delle scuole superiori Montanari è stato il terzo di un progetto articolato in quattro appuntamenti dal titolo «Carcere e scuole».

I ragazzi hanno incontrato alcuni ex detenuti, familiari di carcerati e persone tutt’ora soggette a misure restrittive per dialogare con loro, farsi raccontare le esperienze vissute dietro le sbarre.

Li hanno incontrati per farsi raccontare anche il difficile percorso di reinserimento in una società che spesso «marchia gli ex detenuti come pregiudicati e tali restano per tutta la vita», come ha spiegato proprio uno di loro. Il reinserimento dopo la detenzione, con alcuni riferimenti particolari al chiaccheratissimo indulto, è stato l’argomento che ha caratterizzato l’incontro di ieri.

«Ha fatto scalpore la notizia che un carcerato, libero di diritto grazie all’indulto, ha deciso di rimanere dietro le sbarre. Come può l’assenza di libertà essere migliore della prigionia?», è stata una delle domande. «Quando fuori non hai nessuno, anche una squallida cella di quattro metri quadrati può essere una certezza cui aggrapparsi», ha risposto Egidio, ex carcerato, ora in regime di semilibertà. «L’indulto sta facendo molto discutere, non per il fatto in se, ma perché i detenuti sono stati sbattuti fuori senza niente, senza un programma che potesse prevedere alcune iniziative volte al reinserimento sociale», ha continuato Paolo, che ha avuto la pena interrotta proprio a causa dell’indulto.

«Io ce l’ho fatta grazie all’amore di Monica. Ora ho un lavoro e tra poco sarò padre, ma ho letto negli occhi di alcuni compagni che non avevano nessuno, al più stranieri, il panico quando gli è stato comunicato che sarebbero usciti».

«Su oltre trecento persone liberate a Verona, solo otto sono state riportate in carcere», ha sottolineato uno dei volontari de La Fraternità. L’iniziativa ha suscitato un grande interesse da parte degli studenti, che pur di partecipare si sono seduti fin fuori dall’aula magna dell’istituto, stipata di giovani. «La partecipazione altissima che ha caratterizzato tutti gli incontri è una chiara dimostrazione del fatto che i giovani hanno sensibilità di valori e una forte voglia di comprendere», ha commentato Ferdinando De Marchi, docente di Filosofia e responsabile del progetto.

E in effetti i giovani studenti del triennio delle Montanari hanno dimostrato tutta la partecipazione per il tema trattato, scavando con interessanti domande nelle esperienze vissute dagli ex carcerati e dai loro familiari. «E’ reale anche nelle nostre carceri, nel quotidiano, la violenza che spesso si vede nelle scene dei film americani, tra guardie e carcerati?», ha chiesto Giovanna, della 5 FS.

Alla precisa domanda sono seguiti alcuni attimi di silenzio, ma poi è stato Egidio a prendere la parola. «Le discussioni tra gli agenti penitenziari e le guardie, esistono».

L’appuntamento conclusivo del progetto sarà all’Arsenale, per visitare la mostra d’arte, che viene inaugurata questa mattina, delle opere realizzate dai detenuti.

Ilaria Noro