TERZO CONVEGNO DANTESCO. Alla Gran Guardia i ragazzi applaudono il
professore filosofo, sindaco di Venezia Il Dante di Cacciari sa incantare gli studenti di Alessandra Galetto
dal giornale "L'Arena" pag. 18 del 29/03/2008
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Dante profeta incanta i giovani. Merito del filosofo
e sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che ieri ha spiegato agli studenti
veronesi la forza della parola visionaria del sommo poeta, dimostrando
come una lezione, e per giunta abbastanza ardua, possa inchiodare alla
sedia anche una platea di adolescenti se chi parla usa le corde della
passione e della meraviglia, come ha fatto Cacciari. ![]() L’occasione per ascoltare il filosofo è stata la terza edizione del Convegno dantesco organizzato alla Gran Guardia da Comune e ministero della Pubblica Istruzione in collaborazione con Università, Centro scaligero studi danteschi e liceo Montanari. Quest’anno, tema delle due giornate di studio è stato «Le ragioni dell’impegno civile e politico in Dante Alighieri». In particolare Cacciari ha scelto di analizzare l’aspetto di «Dante profeta». «Quando diciamo che nella Commedia Dante è profeta», ha esordito Cacciari, «dobbiamo intendere profeta nel senso più autentico del termine. Tutto il linguaggio della Commedia è infatti imbevuto del profetismo biblico, che va oltre ogni senso puramente letterario o estetico: Dante è colui che testimonia della giustizia di Dio, non un visionario che predice il futuro ma uno che racconta quello che ha visto e ha straordinaria coscienza della sua missione, quella cioè di mostrare come l’"homo viator" sia "capax Dei", di mostrare come l’uomo che vive la vita terrena sia in grado di assimilarsi a Dio, ovvero "indiarsi", "inluiarsi", "inventrarsi", per usare alcuni degli straordinari neologismi danteschi che indicano la capacità dell’uomo di innalzarsi e collocarsi dentro Dio, secondo quanto Dante stesso vede nel Paradiso, dove la figura dell’uomo gli appare nel cuore della divinità. «Dobbiamo dunque tenere ben chiaro questo: il profeta non è colui che annuncia cose future, ma colui che ripete ciò che ha visto, in senso biblico, e che deve tornare al suo popolo a riferire questo annuncio. E sempre secondo il modello del profetismo biblico, Dante ritiene che la forma con cui Dio parla sia la poesia. In contrasto con la Scolastica, per cui la poesia era una forma minore rispetto a filosofia e teologia». Entrando poi più specificamente nel significato della profezia dantesca, Cacciari ha indicato due dimensioni: una politica e una religiosa, passando così a interpretare la complessa allegoria del veltro e l’immagine dell’aquila. «Dobbiamo pensare quale forza rivoluzionaria abbia avuto la Commedia nella cultura del tempo di Dante, per l’affermazione di nuove esigenze religiose e politiche. L’immagine che più volte Dante ci propone come modello positivo è sempre un’unità fatta di tante singole individualità che non perdono la loro distinzione ma si compongono in nuova armonia, come una "concordia discors", che è il vedere in ciò che ti è differente un comune sentire». L’applauso è lungo: la lezione del filosofo Cacciari, con l’invito a «mordere» Dante, a leggerlo nella sua asprezza senza indulgenze, offre, in un bel gioco di identificazione tra poeta ed esegeta, qualche profetica indicazione. |