Si è concluso a Verona il Primo Simposium Internazionale Children in the shadow, dedicato al popolo dei bambini che vivono nell’ombra, voluto dall’Opera don Calabria per celebrare il centenario della fondazione (vedi locandina).
Sono
stati tre giorni intensi di testimonianze su progetti di riabilitazione dei
bambini vittime di sfruttamento. La prova che si può restituire un’infanzia
negata, la prova che basta poco per far tornare alla luce i bambini che sono
rimasti coperti dall’ombra della nostra indifferenza, dal lato scuro della
nostra coscienza.
I relatori hanno portato l’esempio delle iniziative da loro realizzate per la rieducazione e le nuove possibilità di vita che vengono offerte ai bambini tolti dalla strada, accusati di stregoneria, esclusi dall’infanzia.
In attesa della pubblicazione degli atti, ecco alcuni stralci dalle testimonianze che si sono susseguite.
Ettore Mo Corriere della Sera
Storie vere di un cronista
“Da oltre 30 anni il mio lavoro mi
porta in zone calde del mondo dove i bambini sono le vittime principali e più
numerose di guerre e rivoluzioni. Con salti nel tempo e nello spazio vi porterò
in alcuni dei Paesi che ho conosciuto. Nel 1995 ho incontrato a Bucarest i
“bambini dei tombini”, gruppi di ragazzini che abitavano nei labirinti sotto la
stazione nord, vicino ai tubi dell’acqua calda, con un grande spirito di
solidarietà tra di loro. In Africa ho incontrato i bambini che lavoravano nelle
miniere d’oro, pozzi nei quali passavano il tempo a scalpellare le pareti. Nel
Gibuti un padre teneva al guinzaglio il suo bambino perchè era impazzito dalla
fame, era il 1985 ed era appena passata una terribile carestia. In Sudan fino a
pochi anni fa morivano 200mila bambini all’anno a causa di malaria e morbillo.
In Colombia su 368 soldati rivoluzionari, 160 erano bambini. In Libano un ragazzo di 10 anni era in ospedale perché aveva provato a suicidarsi 3 volte, perché era stufo di vedere la guerra. Tra Pakistan e Afganistan ho visitato una fabbrica che produceva armi: gli operai erano tutti bambini”.
“In Brasile 3 milioni di bambini, con il loro lavoro, danno sostentamento a se stessi e alle loro famiglie: produzione di scarpe, lavorano nell’agricoltura., nelle miniere di carbone. Molte bambine fanno lavori domestici e subiscono ogni sorta di sfruttamento. Molti bambini vivono per strada, formando una famiglia con altri soli come loro. Molti bambini vengono trasformati anche in soldati che spacciano droga e fanno da palo per permettere agli spacciatori nelle favelas, avvertendoli se altri criminali intervengono in quella zona. vivono una sofferenza psichica, si drogano aspirando colla, che brucia i neuroni, distrugge il corpo, l’anima e la propria vita, diventano violenti. (...) Un bambino è l’opinione di dio che il mondo deve continuare. Io credo in questo e per questo sono qui. Noi possiamo fare qualcosa”.
Padre José Abbe Mpundu, Sacerdote Cattolico - Psichiatra Congo
Whitchcraft: stregoneria. Progetti di recupero di bambini accusati di magia nera a Kinshasa
“Sono un sacerdote della Chiesa
Cattolica Romana, lavoro in una parrocchia a Kinshasa. Sono anche psichiatra e
lavoro in un centro di salute mentale.
Da
anni collaboro con associazioni non governative, per il recupero dei bambini di
strada. 10 anni fa ha accolto un bambino di 6 anni, accusato di stregoneria, che
viveva per strada dopo essere scappato perché lo zio lo voleva uccidere
incolpandolo della morte della madre. Cerco di liberare il mio popolo da queste
credenze nefaste, difendendo i bambini accusati. vi chiedo di partecipare a
questa lotta a favore dei bambini. In genere i bambini sono accusati di
stregoneria dagli adulti vengono da famiglie svantaggiate, da ambienti poveri,
la loro età va da 5 a 18 anni, ma sono anche neonati, sia bambine che bambini.
Vengono accusati perché ci si vuole sbarazzare di loro, per problemi economici”.
Offriamo loro accoglienza, recupero e riabilitazione. Dobbiamo liberare il popolo dalle superstizioni: è la cosa più difficile, bisogna attuare un cambiamento di mentalità. Abbiamo un’arma potente: l’informazione, la comunicazione”.
Prof.ssa Nilce Cardoso insegnante in
una scuola di una riserva degli Indios Caingangues.
L’educazione dei bambini indios: tra identità e integrazione nel Rio Grande do Sul (Brasile)
“In Brasile ci sono più di 200 popoli indigeni che parlano più di 70 lingue; ogni popolazione indigena è dotata di conoscenze culturali proprie. Tutte hanno i propri progetti di formazione delle persone. Molto prima della introduzione della scuola le popolazioni decidono cosa, come e chi deve imparare. I bimbi sono solidali e servizievoli si instaura fin dal principio una interazione con la famiglia, giocando, imitando genitori, ascoltando le storie che si raccontano. I bambini non vengono mai puniti fisicamente, imparano regole del gioco sociale. Il processo più diffuso di socializzazione è fare entrare i bambini nella vita comunitaria imparando ciò che possono fare e non fare”.
Maria Lucila Cerna Sanchez e Jessica Jhuleisy Abanto Roncal (Manthoc - Perù)
L’esperienza di una scuola per bambini e adolescenti lavoratori in Perù
Jessica
“sono una bimba lavoratrice, vendo animali domestici al mercato. mantoc è
movimento lavoratori cristiano. siamo organizzati in campagna e
città.
E’ il primo movimento autonomo dell’america latina. Quest’anno abbiamo raggiunto
il 31esimo d’età svolgendo attività a vantaggio di tutta l’infanzia. I bimbi
lottano per il riconoscimento dei loro diritti. Noi ci sentiamo male in questo
contesto di maltrattamenti, discriminazioni. In Perù molte famiglie sono
caratterizzate dalla violenza e ci grandi sono disuguaglianze. Il 14% delle
adolescenti sono mamme premature. Ci sono tantissimi fanciulli senza
orientamenti che entrano a fare parte di bande violente. La scuola forniscono
concetti di matematica, lingua, scienze ma non ci forma per la vita. Come
movimento di bimbi lavoratori, affrontiamo la sfida di proclamare il diritto ad
una educazione di qualità.
Maria Lucila. “Per coprire le esigenze dei bambini lavoratori il Ministero dell’Istruzione e il Manthoc hanno reso possibile creare un programma educativo di base che si fonda sulla pedagogia della tenerezza: l’affetto alla base della maturazione della persona. Un altro principio fondante è la scuola “produttiva”, con laboratori dove i bimbi rafforzano le loro abilità”.
Jessica. “Il nostro diritto all’educazione deve essere unito al diritto alla salute. Se non stiamo bene non possiamo sfruttare le opportunità che ci può dare la scuola. Ogni bimbo deve avere abitudini alimentari sane e imparare a valorizzare cultura che si realizza nella propria regione. E’ difficile capire i bimbi che hanno problemi ma se li rifiutiamo è come un ospedale che cura i sani e caccia via i malati”.
Dr. Shibu Jacob (MSFS):
Fiori nella polvere: esperienze di intervento con bambini di strada in India
“In India sono diverse le categorie di bambini a rischio, senza tetto, orfani, lavoratori, militanti, figli di prostitute, prostitute bambini, disabili, scomparsi e sieropositivi.
per dare alcuni numeri: 400 mila bambini vivono per strada nelle città indiane e il lavoro minorile occupa il 12, 6% della popolazione, 300mila sono le prostitute bambine. Nel 2003 ho iniziato con un altro sacerdote e meno di 20 euro a occuparmi dei bambini, creando un centro che offre servizi formativi. Oggi sosteniamo 4300 bambini e 1300 donne. Ci sono stati dati 5 ettari di terreno gratis. Tutti noi dobbiamo combattere a favore dei diritti dei bambini in tutto il mondo. Arriverà il giorno che il progresso delle nazioni verrà giudicato dal benessere degli abitanti, dal loro grado di istruzione”.
Prof. Giuseppe Vico (Fondazione Exodus – Università Cattolica di Milano):
“Educatori senza frontiere, pedagogia delle piccole cose quotidiane. Ci muoviamo in piccoli gruppi di 3, 5 persone siamo in Madagascar, in India, Bolivia, Etiopia. Educatori senza frontiere è partito dal Madagascar, che 6 anni fa era il terzo paese più povero. Siamo andati nelle zone più disagiate incontrando i missionari e abbiamo imparato che non bastano solo amicizie e relazioni ma si deve andare a vivere, collaborare, partecipare con queste persone, per dare vita allo spirito della carità cristiana e laica. Il vedere può stupire e meravigliare, ma quando ascoltiamo il linguaggio ci scalfisce dentro. È importante la figura dell’educatore senza frontiere, poiché non ha nulla da insegnare, anzi incontra altre culture e ne condivide valori. Nella nostra associazione arrivano neolaureati e persone con diverse competenze; la formazione di queste figure, che andranno a loro volta a formare altre persone, attinge a livelli altissimi. L’educatore senza frontiere lotta contro la globalizzazione indiscriminata, in nome della giustizia, contro coloro che sfruttano i paesi più poveri per ricavarne vantaggi. I risultati dello sfruttamento dimostrano come sia aumentata la povertà anche nel mondo occidentale nelgi ultimi 10-15 anni. Per questo studiamo le diversità, ma cerchiamo di combatterle perché sono solo costruzioni sociali, culturali ed economiche; sono frutto di ignoranza e dobbiamo eliminarle. Oggi l’associazione conta 80 componenti e le esperienze vissute servono anche per revisionare teorie pedagogiche e progetti educativi”.
Fare una “pedagogia dell’ombra” significa così porsi contro ogni logica di scarto; significa recuperare alla vita ed alla dignità umana le vittime degli scarti prodotti da costruttori insensibili alla vita e mossi da logiche di morte; significa scommettere sulle possibilità dell’educazione, ovvero sulla capacità dell’uomo di restituire alla vita piena anche chi ha subito la mostruosità di sentirsi ed essere trattato come “scarto dell’umanità”. (...) Le testimonianze dei relatori di stamattina ci fanno capire che non si può stare a guardare, che è possibile agire, che ci sono persone che riescono a portare dentro l’ombra prospettive di luce. Bambini accusati di stregoneria, bambini abbandonati dai genitori, che vivono nelle discariche del mondo, che non sono mai andati a scuola, che hanno vissuto nella polvere e subito gravi violenze e deprivazioni possono ritornare a sorridere. Educatori senza frontiere sono in grado di ascoltare il grido della loro sofferenza. La luce risulta così più forte delle tenebre. (...) La pedagogia che viene dall’ombra, allora, diviene quella dell’ottimismo educativo, della speranza fondata sul miracolo della vita che rifiorisce in coloro che, seppur posti dalla deprivazione e dall’ingiustizia umana nell’ombra, possono riguadagnare per sé e per gli la propria dignità di esseri umani. (...) Si diceva ieri che ogni bambino che nasce, esprime l’opinione di Dio che “il mondo deve continuare”. Propongo oggi di aggiungere a questa già bellissima frase la seguente continuazione: “E ogni bambino che viene tolto dall’ombra, esprime la speranza umana che la vita per quanto calpestata, se riamata, può sempre rinascere. E questo è sicuramente un buon motivo per tutti affinché il mondo continui.
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